Alcune piccole modifiche sul RAVVEDIMENTO OPEROSO da parte della proposta della legge di stabilità

Il ravvedimento operoso è lo strumento attraverso il quale il contribuente può rimediare ad eventuali omissioni o irregolarità che ha commesso, per mettersi in regola. In tal modo può beneficiare di sconti sulle sanzioni amministrative, ma solo se lo fa entro determinati limiti di tempo. Con il ravvedimento operoso, il contribuente può porre rimedio agli errori che ha commesso e mettersi in regola con eventuali omissioni o irregolarità beneficiando di sconti sulle sanzioni amministrative: ma solo se provvede a correggere quanto ha sbagliato entro determinati limiti di tempo. In caso di omesso o insufficiente versamento delle imposte, se si paga quanto dovuto:
entro 30 giorni dalla scadenza, la sanzione scende dal 30 per cento al 3 per cento;
dopo i 30 giorni, ma entro un anno da quando si è commesso l’errore, essa scende al 3,75 per cento.
Per quanto riguarda errori o omissioni di natura sostanziale è necessario ricordarsi che questi possono essere regolarizzati mediante il pagamento di una sanzione ridotta al 3,75 per cento di quanto dovuto.
• Qualora invece si tratti di errori materiali e di calcolo nella determinazione degli imponibili e delle imposte come ad esempio l’indicazione, in misura superiore a quella che spetta effettivamente, di detrazioni di imposta, oneri deducibili o detraibili, ritenute d’acconto e crediti d’imposta.
La sanzione è invece del 12,50 per cento in caso di errori ed omissioni identificabili come “infedeli dichiarazioni”, quali:
• errata determinazione di redditi;
• esposizione di indebite detrazioni o deduzioni.
Qualora invece
la dichiarazione dei redditi viene presentata in ritardo, ma non oltre i 90 giorni dalla data di scadenza, e non comprende errori di diverso tipo, il ravvedimento è previsto con il solo pagamento di una sanzione pari a 25 euro.
Infine, non è possibile usufruire del ravvedimento quando:
• l’errore è stato già individuato dall’amministrazione;
• sono già avviate ispezioni e verifiche;
• sono iniziate altre attività amministrative di accertamento comunicate formalmente.
Questa è l’attuale prassi, oggi con la proposta della nuova legge di stabilità, il Consiglio dei Ministri, a proposito del contrasto all’evasione fiscale ha previsto all’art. 44 della legge di stabilità la modifica all’attuale formulazione dell’istituto del ravvedimento operoso, di cui all’art. 13 del D.lgs. n. 472/1997.

In particolare, sono stati ampliati i termini per poter procedere al ravvedimento, indipendentemente dal verificarsi di accertamenti.
Infatti è possibile espletare il ravvedimento:
– Dal 15esimo giorno al 30esimo giorno dalla scadenza 1/10 della sanzione;
– Dal 31esimo giorno al 30 settembre dell’anno successivo a quello in cui è stato omesso o ritardato il tributo 1/8 della sanzione;
– Entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è stato omesso o ritardato il tributo 1/9 della sanzione (novità introdotta dalla DDL stabilità);
– Entro il 30 settembre del secondo anno successivo a quello in cui è stato commesso l’inadempimento 1/7 della sanzione (novità introdotta dal DDL stabilità);
Niente di clamoroso ma è un segnale che qualcosa si sta momento in direzione del contribuente, aspettiamo il testo definitivo

Le indagini difensive in materia penale negli accertamenti tributari

a cura dell’avv. Mario Paolo D’Arezzo

Questo è un piccolo vademecum che speriamo possa essere utile a coloro i quali hanno ricevuto avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate relativi al proprio reddito o al mancato versamento di imposte indirette.
Preliminarmente, la difesa del contribuente nel procedimento penale per reati tributari presenta una metodologia difensiva diversa rispetto agli altri reati, in quanto è improntata all’accertamento dei fatti oggetto dell’indagine tributaria, e quindi di un difesa attiva da parte dell’avvocato.
Il procedimento penale tributario è caratterizzato, infatti, dall’esecuzione da parte dell’agenzia o della guardia di finanza di accertamenti spesso induttivi basati su documenti contabili o extracontabili, per i quali è necessario fin da subito predisporre una difesa adeguata.
In questa fase è necessario che il contribuente collabori con l’avvocato difensore fin da subito per la predisposizione di giuste indagini difensive penali e tributarie con la scopo di ricostruire quanto accertato dall’Agenzia o dalla guardia di finanza.
E’ infatti necessario ricordare che proprio per la particolarità del procedimento penale-tributario l’avvocato difensore può difendere fin da subito il contribuente senza dover attendere la conclusioni delle indagini da parte del PM, raccogliendo prove documentali, e strutturare una difesa proficua contro le presunzioni tributarie, spesso utilizzate dall’agenzia anche in sede penale per l’accertamento della maggiore imposta.
Il contribuente, qualora, si trovi ad essere indagato per reati fiscali potrà utilizzarli nell’udienza preliminare, e ciò al solo fine di contrastare l’eventuale richiesta di rinvio a giudizio, o per difendersi nel rito abbreviato e patteggiamento.
Qualora, invece, il contribuente si trovi ad essere rinviato a giudizio, le prove raccolte potranno essere utilizzate nel processo penale, sia dal difensore che dal PM per le contestazioni ai testimoni in udienza.
In ogni caso, è necessario tenere presente come oramai sia assolutamente costante da parte della Suprema Corte di Cassazione, il ricorso alle presunzioni tributarie anche per determinazione dei reati tributari.
Ai fini della predisposizione della giusta difesa è necessario tenere nella dovuta considerazione come il giudice, nella formazione del suo convincimento, sia certamente tenuto all’osservanza dei canoni giuridici che in linea generale governano l’acquisizione, la verifica e la valutazione dei dati probatori, ma qualora manchino specifici elementi oggettivi, come documenti, deposizioni testimoniali, non potrà ignorare la cosiddetta prova logica e neppure le presunzioni secondo la normativa tributaria, avvalendosi, di dati processualmente acquisiti.
L’effetto di tale assunto è quello che molto spesso i nostri giudici fanno ricorso alla “presunzione” intesa come quella particolare disciplina probatoria che consente, per la ricostruzione di un maggior reddito, di ritenere esistenti determinati fatti in via induttiva – quale accertamento cosiddetto induttivo espressamente facoltizzato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 e ciò in presenza di specifiche violazioni tributarie.
Da ultimo è necessario ricordare che, ai fini della prova del reato di dichiarazione infedele, il giudice può fare legittimamente ricorso ai verbali di constatazione redatti dalla Guardia di Finanza ai fini della determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa, nonchè ricorrere all’accertamento induttivo dell’imponibile quando le scritture contabili imposte dalla legge siano state irregolarmente tenute (Corte di Cass. Penale sez. 3, n. 5786 del 18.12.2007 dep. 6.2.2008, D’Amico, rv. 238825).
E’ ancora più recentemente è stato ribadito che ai fini del superamento della soglia di punibilità di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, il giudice può legittimamente avvalersi dell’accertamento induttivo dell’imponibile compiuto dagli uffici finanziari (sez. 3, n. 24811 del 28.4.2011, Rocco, rv. 250647; conf. sez. 3 n. 28053 del 9.2.2011, Cartera, non mass.), ivi compreso quello operato mediante gli studi di settore (sez. 3, n. 40992 del 14.5.2013, Ottaiano, rv. 257619).
Non solo, ma oramai risulta anche costante la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione secondo la quale in tema di reati tributari, il giudice può legittimamente basarsi, per accertare la penale responsabilità dell’indagato per le omesse annotazioni obbligatorie ai fini delle imposte dirette e dell’I.V.A., sull’informativa della Guardia di Finanza, che abbia fatto ricorso ad una verifica delle percentuali di ricarico attraverso una indagine sui dati di mercato e ricorrere anche all’accertamento induttivo dell’imponibile quando la contabilità imposta dalla legge (come nei casi di specie) sia stata tenuta irregolarmente (sez. 3, n. 729 dei 15.12.1995 dep. 23.1.1996, Holbling, rv. 203691).
L’ovvia conclusione di questo breve panorama giurisprudenziale è la predisposizione fin dai primi atti di notifica di pvc o di accertamento al contribuente o all’indagato di un’adeguata difesa fiscale-penale al fine di consentire fin da subito il contrasto della pretesa erariale, ed il venir meno di possibili reati a suo carico.

Addio evasione fiscale!!

A Berlino è stato siglato l’accordo multilaterale per lo scambio automatico di informazioni finanziarie contro l’evasione fiscale internazionale a partire dal 2017. Un accordo che riguarda 51 paesi e che si estenderà a 92 nel 2018.
Con un comunicato tra l’altro anticipato sul Sole 24 la scorsa settimana, il Ministero dell’Economia e Finanze, in occasione del Global Forum per la trasparenza e lo scambio di informazioni dell’OCSE (composto da 123 giurisdizioni più diversi organismi internazionali) che si è tenutosi a Berlino, 51 Paesi hanno sottoscritto l’accordo per l’implementazione del nuovo standard unico globale per lo scambio automatico di informazioni (Common Reporting Standard, elaborato dall’OCSE) a partire dal 2017. Altri 7 Paesi si sono impegnati a scambiare le informazioni a partire dalla stessa data, ancorché oggi non abbiano firmato l’accordo. A partire dal 2018 agli ‘early adopters’ si aggiungeranno ulteriori 34 Paesi.
Si tratta del punto di arrivo di un intenso e prolungato sforzo internazionale orientato a conseguire un accordo politico e tecnico tale da cancellare il segreto bancario. Risultato che può oggi dirsi raggiunto e implementato a partire dal 2017. In concreto, le attività di verifica sui conti saranno avviate dagli intermediari finanziari dei paesi early adopters già dal primo gennaio 2016.
L’Italia è sempre stata in prima linea nelle attività di contrasto all’evasione fiscale e ha sostenuto l’adozione di uno standard internazionale sin dai primi tentativi, partecipando al Gruppo dei 5 (G5: Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito) che ha elaborato, insieme agli Stati Uniti, l’accordo per l’applicazione del FATCA e il miglioramento della compliance fiscale internazionale.
Infine, il MEF precisa che in qualità di presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, l’Italia ha finalizzato il testo della nuova Direttiva sulla Cooperazione Amministrativa, ottenendo l’accordo politico in occasione della riunione Ecofin del 14 ottobre. La nuova Direttiva impegna gli stati membri dell’Unione europea ad adottare il Common Reporting Standard a partire dal 2017 (con l’eccezione dell’Austria che adotterà lo standard dal 2018).

Permesso di costruire: i limiti all’annullamento – l’autotutela

Anche dopo otto-dieci anni il permesso di costruire può essere annullato, dai giudici o dal Comune e facile comprendere quali sono le conseguenze che possono determinarsi sulla legittimità della costruzione già realizzata. Il permesso di costruire o una sua eventuale variante, sono infatti suscettibili di annullamento ad opera del giudice amministrativo, oppure in via di autotutela, sia da parte dello stesso Comune che li aveva assentiti, sia ad opera della Regione, nelle ipotesi contemplate dall’art. 39, del testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001).

La pubblica amministrazione ha il potere di riesaminare, annullare e revocare i provvedimenti amministrativi già adottati. Con l’autotutela l’amministrazione riesamina senza l’intervento del giudice, i propri atti sul piano della legittimità e può confermarli, modificarli o annullarli.
Il potere di autotutela si esercita nel nome di un interesse pubblico concreto e va sempre motivato.

Quali sono i tempi? Tar Campania (Napoli, sezione VIII n. 3608/2014)
Il Tar Campania- Napoli ha sancito l’illegittimità dell’annullamento in autotutela di una concessione edilizia a dieci anni dal suo rilascio, motivata solo con la violazione della fascia di rispetto autostradale e senza tener conto dell’affidamento ingenerato nel privato;

Allo stesso tempo è necessario segnalare anche una decisione del Consiglio di Stato (sezione IV n. 1986/2012) che ha ritenuto legittimo un provvedimento di annullamento emesso a sei anni di distanza dal rilascio del titolo, secondo il quale, ai sensi dell’articolo 39 del Dpr n. 380/2001, l’annullamento regionale in autotutela può intervenire sino al decimo anno dal rilascio del permesso di costruire.
Il Consiglio di Stato (sezione IV n. 32/2013) ha anche chiarito che il potere della Regione ha carattere sostitutivo e che, “a differenza del potere di autotutela riconosciuto al Comune, non comporta un riesame del precedente operato da parte del soggetto titolare del potere di annullamento, ma è finalizzato ad assicurare da parte delle Amministrazioni comunali il rigoroso rispetto della normativa in materia edilizia.
In sostanza a fronte del considerevole lasso di tempo decorso dal rilascio del titolo abilitativo edilizio annullato d’ufficio, il canone di ragionevolezza del termine massimo per l’esercizio del potere di autotutela avrebbe dovuto suggerire una scelta più attenta e rispettosa verso la consolidata posizione di affidamento ingenerato nel privato ricorrente circa la legittimità dell’atto di concessione rilasciatogli, questa decisione parrebbe porsi in contrasto con la giurisprudenza comunitaria in materia di affidamento.

Quali sono le conseguenze? (Tar Piemonte, sez. II sentenza 8 luglio 2014 n. 1171)
L’annullamento giurisdizionale del permesso di costruire provoca la qualificazione di abusività delle opere edilizie realizzate in base ad esso, per cui il Comune è obbligato a dare esecuzione al giudicato adottando i provvedimenti consequenziali. Tuttavia tali provvedimenti non devono avere ad oggetto necessariamente la demolizione delle opere realizzate. La norma prescrive, in caso di annullamento del permesso di costruire, una nuova valutazione da parte del dirigente del competente ufficio comunale riguardo la possibilità di restituzione in pristino; qualora la demolizione non risulti possibile il Comune dovrà irrogare una sanzione pecuniaria, nei termini fissati dallo stesso articolo 38

Come deve essere la motivazione? (Consiglio di Stato sez. IV sentenza 19/03/2013, n. 1605)
E’ illegittimo l’annullamento d’ufficio di una autorizzazione edilizia adottata dal Comune nel caso in cui, si faccia solo accenno alla prevalenza, nella valutazione comparativa, dell’interesse pubblico alla conservazione dello stato dei luoghi, atteso che quest’ultima costituisce una semplice formula stereotipata.
Nel caso in questione, tenuto altresì conto del lungo lasso di tempo intercorso dal rilascio del provvedimento ritirato (oltre 8 anni), invece, incombeva sull’amministrazione un ben più pregnante onere di motivazione non adeguatamente assolto dall’utilizzo di una clausola di stile apposta a sostegno della determinazione assunta con la conseguenza che un provvedimento amministrativo non adeguatamente motivato può sempre essere adeguatamente impugnato per carenza o vizio della motivazione.

Gli interessi (Consiglio di Stato sez. V sentenza n. 3 giugno 2013 n. 3037)
L’annullamento in autotutela di una concessione edilizia presuppone anche la disamina dell’interesse pubblico alla sua rimozione nel bilanciamento con il contrapposto interesse del soggetto cui la stessa è stata rilasciata.
Peraltro detta concessione, ove rilasciata in violazione delle norme urbanistiche, pregiudica di per se gli interessi alla cui salvaguardia è preordinata la stessa normativa con la conseguenza che il contrapposto interesse del titolare della concessione edilizia può avere rilievo qualora sia incolpevole e consolidato e solo in quel caso può essere posto a raffronto con quello al rispetto della programmazione urbanistica comunale.

Il trust, strumento prezioso in tempi di crisi

I ‘nemici’ del nostro patrimonio sono tanti. Piccolo o grande che sia va tutelato. E sempre al meglio.
Che cosa è il Trust vi domanderete leggendo queste righe. E come può essere uno strumento vincente in tempi di crisi e, più in generale, di incertezza diffusa?

Il Trust è uno strumento giuridico conosciuto ed utilizzato nei Paesi anglosassoni per proteggere beni mobili ed immobili e diritti quando questi siano destinati a specifici destinatari o rivolti ad uno specifico scopo meritevole di tutela.

Il trust è uno strumento giuridico ove il Disponente, affida e trasferisce in proprietà ad un altro soggetto di sua fiducia, detto Trustee, uno o più beni, affinché il Trustee ne assuma il controllo e li gestisca per le finalità stabilite dal Disponente e nell’interesse di uno o più Beneficiari.

Il fine precipuo che il Disponente si prefigge con il Trust è quello di proteggere e sostenere i beneficiari come ad esempio (i propri figli, nipoti, anziani) individuati o individuabili, oppure per il raggiungimento di uno scopo per determinato, come ad esempio far fronte a tutte le necessità che possono colpire il proprietario di un bene, o come strumento rivolto a garantire l’adempimento di un terzo.

Vuoi proteggere il tuo patrimonio, il trust è lo strumento giusto

Ecco un breve decalogo:

  • Il Trust è una nuova filosofia giuridica rivolta alla protezione dei beni garantendone l’autonomia, da possibili aggressioni creditorie.
  • Il Trust è lo strumento più efficace per l’amministrazione autonoma di un patrimonio privato.
  • Il Trust può riguardare sia beni mobili che beni immobili.
  • Il Trust può essere costituito per uno scopo determinato (Trust societari).
  • Il Trust è internazionale quando i beni, le figure contrattuali e la legge regolatrice sono distribuiti in vari stati.
  • Il Trust quale protezione del patrimonio con segregazione del medesimo per proteggerlo da eventuali aggressioni di creditori, sequestri e/o pignoramenti.
  • Il Trust per preservare l’unità del patrimonio;
  • Il Trust quale strumento di successione in gruppi aziendali;
  • Il Trust per decidere con flessibilità come tramandare i propri beni;
  • Il Trust per garantire i finanziatori che gli incassi dell’opera finanziata siano destinati al rimborso del prestito;
  • Il Trust quale autonoma e competitiva posizione fiscale (in taluni casi)

La pianificazione successoria

Siamo sicuri di avere pianificato correttamente la nostra successione? Cosa ne sarà dei nostri soldi della nostra casa e dei nostri debiti quando non ci saremo più? La morte costituisce un evento giuridico i cui effetti non sempre si riescono a prevedere, allora è necessario pensare a quello che sarà del dopo di noi!

L’obiettivo della pianificazione successoria è quello di trasferire le nostre proprietà alla prossima generazione, secondo i nostri desideri, nel modo più efficiente possibile e con il minor numero possibile di problemi.

Perché la pianificazione successoria è una necessità?
Quando si pianifica, si cerca anche di evitare che dopo la nostra morte:

  • sorgano incertezze su chi siano gli eredi o i legatari;
  • che gli eredi non litighino sui beni presenti nell’asset ereditario;
  • evitare che gli eredi possano dispendere il patrimonio a loro lasciato;

I principi di base della pianificazione successoria
La pianificazione successoria inizia già con la redazione di accordi prematrimoniali che devono riguardare l’intera famiglia, è opportuno rivolgersi al proprio avvocato per predisporre la giusta pianificazione fiscale e successoria fin dal momento in cui si pensa di volersi sposare o convivere.

Tuttavia non tutti sanno che esistono anche sistemi diversi al testamento per disporre dei propri beni per quando non ci saremo più.
I modelli contrattuali che consentono al soggetto di disporre in vita dei propri beni, alternativi al testamento, sono atti tipicamente patrimoniali destinati a produrre effetti definitivi al momento della morte ma, tuttavia, fino a quel momento revocabili, in modo tale da non porsi in contrasto con il divieto di patti successori.

Per opportuna chiarezza è necessario ricordarne alcuni:

  • le disposizioni a favore di terzo da eseguirsi dopo la morte dello stipulante,
  • le clausole di consolidazione o di continuazione (per le società di persone) e le clausole di gradimento, di prelazione e di opzione (per le società di capitali),
  • il patto di famiglia,
  • il trust

Altri modelli negoziali alternativi al testamento sono:

  • la donazione;
  • la vendita di cosa altrui;
  • il contratto di mantenimento;

E’ chiaro che la scelta di questi strumenti dovrà essere studiata e prevista caso per caso, questa è la ragione per la quale è necessario valutare per tempo i propri obbiettivi successori.
Per questa ragione scegliete sempre specialisti del settore o professionisti iscritti in appositi albi professionali, i quali sapranno indirizzavi nel modo migliore.

Chi sono i parenti che hanno diritto alla successione?

La legge stabilisce le categorie di successibili che comprende sia i parenti in linea retta che in linea collaterale entro il 6° grado secondo il grado.

I parenti in linea retta sono in generale preferiti a quelli in linea collaterale, anche sono in grado più vicino.

Gli affini
E’ il vincolo che unisce un coniuge ed i parenti dell’altro coniuge. Sono affini, perciò, i cognati, il suocero e la nuora, ecc.. Per stabilire il grado di affinità si tiene conto del grado di parentela con cui l’affine è legato al coniuge; così suocera e nuore sono affini in primo grado; i cognati sono affini di secondo grado, ecc.

PARENTELA AFFINITA’
è il vincolo tra persone che discendono da uno stesso stipite è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge
Grado Rapporto di parentela con il titolare Grado Rapporto di affinità
1 padre e madre
figlio o figlia
1 suocero o suocera del titolare
figlio o figlia del coniuge
2 nonna o nonno
nipote (figlio del figlio o della figlia)
fratello o sorella
2 nonna o nonno del coniuge
nipote (figlio del figlio del coniuge)
cognata o cognato
3 bisnonno o bisnonna
pronipote (figlia o figlio del nipote)
nipote (figlia o figlio del fratello o della sorella)
zio e zia (fratello o sorella del padre o della madre)
3 bisnonno o bisnonna del coniuge
pronipote (figli del nipote del coniuge)
nipote (figlio del cognato o della cognata)
zio e zia del coniuge
Tra marito e moglie non vi è rapporto di parentela o affinità ma una relazione detta di coniugio che implicitamente ammette la collaborazione familiare dell’impresa
I coniugi di tutti i parenti e gli affini del titolare rilevano, ai fini dell’iscrizione come familiari coadiuvanti ART/COM al pari del parente o affine cui sono coniugati, ma i loro familiari sono per il titolare degli estranei

Che cosa è l ‘ordine di successione?
A questo punto è necessario distinguere l’ordine di successione che Il codice distingue tra successione del coniuge e dei parenti.

Il coniuge infatti influisce in modo considerevole sia sull’ordine di successione che sulla determinazione delle quote che vengono attribuite a ciascuna categoria di eredi, infatti, ai fini della corretta pianificazione patrimoniale è necessario sempre conoscere quanto il coniuge superstite aveva prima della morte del de cuius, rispetto ai figli.

In ogni caso
Se consideriamo l’ordine di successione questo dovrà tenere conto per prima della

Successione del coniuge:

  • a) il quale eredita la totalità dei beni in assenza di figli sia legittimi che naturali, di ascendenti genitori, nonni ecc.) e dei fratelli;
  • b) quando vi siano dei figli, il coniuge riceve la metà dell’asse ereditario, se il figlio è uno, 1/3 negli altri casi;
  • c) in assenza di figli il coniuge concorre con gli ascendenti e con i fratelli del defunto, ai quali spetta complessivamente un terzo dei beni.

Successione dei parenti

Le regole di successione dei parenti sono abbastanza semplici

  • a) ai genitori succedono i figli legittimi, legittimati, naturali e adottivi in parti uguali.

La presenza di figli o di discendenti esclude tutte le altre categorie di successibili;

  • b) quando non vi sono figli, l’eredità viene divisa tra gli ascendenti ed i fratelli, i genitori escludono dalla successione gli ulteriori ascendenti.

Quando i chiamati sono, invece, gli ascendenti l’asse ereditario viene attribuito per una metà a quelli che appartengono alla linea paterna e per l’altra metà alla linea materna;

  • c) quando non vi sono né figli né ascendenti succedono i fratelli in parti uguali.

I fratelli consanguinei ed uterini, ossia coloro i quali hanno un solo genitore in comune, ricevono la metà di quanto spetti agli altri. I fratelli naturali ereditano solo se non vi sono parenti fino al 6° grado;

  • d) quando non vi siano né figli né genitori o ascendenti né fratelli o loro discendenti la successione si apre a favore degli altri parenti fino al sesto grado senza distinzione di linea.

Ma chi partecipa realmente all’eredità?

Ci siamo mai posti il problema di chi saranno i nostri eredi e come costoro parteciperanno alla nostra eredità? E’ una questione che non sempre ci poniamo, eppure una corretta pianificazione sulle modalità di come intendiamo strutturare la nostra successione costituisce un tema degno di nota!
Innanzitutto cerchiamo di capire chi sono i chiamati all’eredità! I nostri parenti secondo la legge sono chiamati alla successione con un ordine preciso che comprende sia i parenti in linea retta che quelli in linea collaterale.

Le norme che regolano la successione si propongono di conciliare l’autonomia di ogni persona a disporre per testamento delle proprie sostanze con l’interesse della famiglia a non vederle disperse. Solo se mancano parenti entro il sesto grado succede lo Stato.

Il codice civile italiano distingue due categorie di eredi:

  1.  eredi legittimi
  2.  eredi legittimari

Gli eredi legittimi sono coloro i quali hanno diritto all’eredità solo quando il defunto non abbia fatto testamento e sono normalmente i parenti in linea retta, ossia coloro che discendono l’un dall’altro come ad esempio il padre ed figlio.
Si dicono invece parenti in linea collaterale coloro i quali hanno un ascendente comune, ma non discendono l’uno dall’altro come ad esempio lo zio ed il nipote.

Che cosa è il grado di parentela?
E’ il vincolo che unisce le persone che discendono dalla stessa persona o, come il codice civile afferma , dallo stesso stipite secondo quanto previsto dall’art. 74 cod. civ..
Ai fini della determinazione del vincolo di parentese si deve sapere che la linea retta unisce le persone di cui l’una discende dall’altra come ad es. padre e figlio, nonno e nipote.
La linea collaterale unisce le persone che, pur avendo un uno stipite comune, non discendono l’una dall’altra come ad es. fratelli, zio e nipote..
I gradi si contano calcolando le persone e togliendo lo stipite: tra padre e figlio c’è parentela di primo grado; tra fratelli c’è parentela di secondo grado (figlio, padre, figlio = 3; 3 – 1 = 2); tra nonno e nipote, parentela di secondo grado (nonno, padre, figlio = 3; 3 – 1 = 2); tra cugini parentela di quarto grado e così via.

Quindi il grado di parentela si calcola contando le generazioni che separano i due soggetti.
Per esempio, padre e figlio sono parenti di 1° grado, perché li separa una sola generazione, nonno e nipote sono invece parenti di 2° grado.
Per quanto riguarda la determinazione del grado tra parenti collaterali, si devono contare le generazioni che separano i due soggetti, risalendo al parente comune.