I reati tributari possono costituire anche la fonte per la commissione del reato di autoriciclaggio, così come emerge dall’ultima versione del disegno di legge. Secondo l’ipotesi posta allo studio dalla Commissione giustizia, l’autoriciclaggio (a differenza del riciclaggio e dell’impiego di denaro, beni e altre utilità di provenienza illecita) si realizza normalmente per la sola circostanza di non averne materialmente dichiarato la provenienza, e ciò anche se le somme siano state utilizzate personalmente per l’acquisto di beni personali.
Tale fattispecie criminosa riguarda chiunque abbia commesso o concorso a commettere il reato principale provvedendo successivamente con riferimento al denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione proprio di tale delitto, all’impiego, alla sostituzione, al trasferimento in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, ulteriormente è necessario però che sia concretamente ostacolata l’identificazione della provenienza delittuosa di queste somme. In sostanza, il reato richiede che sia ostacolata l’identificazione di beni o denaro di provenienza illecita.
Appare evidente che in presenza di reati tributari la possibilità (anche involontaria) di commettere questo nuovo reato diventa particolarmente elevata a tal punto che, in molte ipotesi, con la semplice condotta illecita integrante il reato tributario, di fatto, si potrebbe consumare anche l’autoriciclaggio per il semplice contribuente.
La Commissione giustizia con questo disegno di legge mira a colpire tutti i proventi derivanti da evasione fiscale che vengono normalmente trasferiti o impiegati in attività economica, finanziaria, imprenditoriale o speculativa. Anche la Corte di Cassazione con la sentenza n. 43881 del 2014 sezione III penale, ha sancito che integra il reato di riciclaggio, sia qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivi a precedenti versamenti, sia il mero trasferimento di denaro di provenienza illecita da un conto corrente bancario o un altro diversamente intestato e acceso presso un differente istituto di credito.
Questo trend giurisprudenziale intrapreso dal 2011 con la sentenza n. 546 del 11 gennaio 2011 1°sezione penale, secondo la quale il reato di riciclaggio è integrato anche nel caso in cui venga depositato in banca denaro di provenienza illecita, atteso che, stante la natura fungibile del bene, per il solo fatto dell’avvenuto deposito, il denaro viene automaticamente sostituito: in sostanza secondo la Corte di Cassazione, non è necessario che sia efficacemente impedita la tracciabilità del percorso dei beni, essendo sufficiente che essa sia anche solo ostacolata con al conseguenza che si rinviene il reato di riciclaggio anche nella condotta di mero trasferimento del denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente a un altro di un diverso istituto bancario.
Va da sé che, il contribuente il quale non dichiari somme incassate per importi tali da integrare la dichiarazione infedele o la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, certamente dovrà trasferire le somme e quindi il rischio di commettere anche il reato di autoriciclaggio.
Per evitare il nuovo reato dovrebbe, secondo il disposto del nuovo articolo 648 ter 1 codice penale, custodire e impiegare i proventi in modo del tutto trasparente: mal si comprende, come, in concreto, possa realizzarsi tale circostanza, atteso che già il loro versamento su un conto, secondo la Suprema Corte, rappresenta un ostacolo all’identificazione.
Secondo la Suprema Corte perché ci si possa “macchiare” del reato di riciclaggio conta qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti operazioni. Così come dà luogo a riciclaggio il semplice trasferimento di denaro di provenienza illecita da un conto corrente a un altro, anche se intestato a una diversa persona e aperto preso un’altra banca «a prescindere dal rilievo che tali movimentazioni siano eseguite avvalendosi della firma di altri contitolari del relativo potere su un dato conto corrente.
Determinante, sottolinea la sentenza, è il carattere di fungibilità del denaro che porta ad una immediata perdita di identità delle somme versate sul medesimo conto corrente. Per questo, ricorda la Cassazione, per calcolare i termini di prescrizione di atti di riciclaggio consistenti in operazioni in uscita ad esempio da un conto corrente svizzero non bisogna considerare, come invece avevano fatto i giudici di merito, al giorno del versamento della provvista iniziale, «proprio perché essa, grazie alla fungibilità del denaro, non è più distinguibile una volta avutosene il versamento su un conto corrente alimentato da una pluralità di versamenti». Ulteriormente veniva anche respinta l’obiezione per cui il giorno da cui iniziare a fare decorrere la prescrizione, in caso di incertezza, deve essere quello più favorevole all’imputato.
Una previsione che vale solo in caso di approssimativa collocazione cronologica del momento in cui è commesso il reato, mentre, in questo caso, di delitto continuato, il reato va collocato in coincidenza con ogni singolo atto di prelievo e trasferimento individuabile con certezza attraverso documentazione.