MOBILITÀ E BARRIERE ARCHITETTONICHE

di Mario Paolo D’Arezzo

L’ascensore è opera trainata se aiuta disabili e anziani

L’installazione dell’ascensore quale opera trainata può godere del superbonus del 110% ai sensi dell’art. 119, comma 2, Dl 34/2020, a patto che tali lavori siano eseguiti congiuntamente ad almeno uno degli interventi di miglioramento energetico trainanti (vale a dire quelli indicati al comma 1 dello stesso articolo 119).

Il superbonus si applica anche agli interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche per favorire la mobilità interna ed esterna alle abitazioni, di due categorie di soggetti:

  1. le persone portatrici di handicap in situazione di gravità (certificate dalla commissione medica in base all’articolo 4 della legge 104/1992);
  2. le persone di età superiore a 65 anni, che ai fini del 110% sono state equiparate alle prime.

Qualora non sia possibile beneficiare del superbonus, valgono le regole detrattive al 50% .

Oltre agli interventi di installazione e sostituzione della cabina dell’ascensore, rientrano nella lettera e) del novellato articolo 119 comma 2 anche le sostituzione delle finiture come i pavimenti, i portoni ed infissi esterni, impianti elettrici, video-citofonici, l’adeguamento delle scale, l’inserimento di rampe interne ed esterne o di servoscala e piattaforme elevatrici.

Il massimale di spesa che riguarda l’insieme degli interventi sulle parti comuni (ascensore, scale, rampe)  previsto su cui calcolare il 110% è pari a 96.000 euro.

Trattandosi di opere trainate, la detrazione del 110% sarà recuperata in cinque anni, anziché in dieci.

La circolare 19/E/2020 ricorda che sulle spese per l’ascensore si può fruire contemporaneamente della detrazione del 19% prevista per le spese sanitarie riguardanti i mezzi necessari al sollevamento del disabile, ma solo sull’eventuale quota di spesa eccedente il limite di 96.000 euro, in capo al disabile che usufruisce dell’impianto.

Attenzione dunque alla tipologia dei lavori da trainare anche perché il fisco potrebbe disconoscerne la portata attraverso il riconoscimento del 50% anziché del 110%

Qualora non vi siano le condizioni per fruire del superbonus, si potrà applicare la detrazione ordinaria al 50% per tutti gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche su parti comuni effettuate “in via preventiva”, cioè anche in assenza di disabili presenti all’interno dell’edificio oggetto di lavori secondo quanto disposto dalla circolare n. circolare 19/E/2020 dell’Agenzia delle Entrate.

Purtuttavia tale circolare pur considerando la fruibilità di tali opere da parte dei disabili, sembra non considerare che un condominio può essere anche abitato da anziani o persone con ridotta mobilità, per i quali però devono valere le medesime regole.

Si ricorda che al fine di fruire del superbonus, le opere devono essere eseguite nel rispetto del Dm 236/1989, in caso contrario varrà l’agevolazione del 50% rientrando queste nella cd manutenzione ordinaria su parti comuni dell’edificio.

In ogni caso la collocazione dell’ascensore nel condominio residenziale ordinario deve rispettare l’art. 3 del DM 236 del 1989 che impone preliminarmente:

  1. il requisito dell’accessibilità all’impianto dalle parti comuni del condominio stesso e dagli spazi esterni;
  2. che l’ascensore sia corredato da tutti i necessari interventi edilizi su androni e pianerottoli, necessari per permettere la fruibilità dello stesso da parte di chi si muove in carrozzella;

con l’effetto che la progettazione delle opere dovrà riguardare anche la collocazione di rampe tra i piani, rampe d’ingresso all’edificio (anche su ingresso secondario, non necessariamente motorizzate); o almeno l’abbassamento dei gradini della scalinata d’accesso allo stabile, per poterli superare con la spinta della carrozzella.

Attenzione agli effetti progettuali che incidono sulla staticità dell’edificio perché in tal caso sarà necessario sottoporre l’intervento ad un parere preventivo di un tecnico strutturista richiedendo al Comune le eventuali autorizzazioni amministrative, in caso contrario si potrebbe incappare nel blocco del progetto.

Alcune novità per le sanzioni sostitutive estese per le condanne fino a 4 anni

dell’avv. Mario Paolo D’Arezzo

Tra le novità importanti in tema di legge delega della riforma penale legge 134/2021, vi è la modifica delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi previste dalla legge 689/1981 che prevedono l’innalzamento da due a quattro anni il limite massimo entro il quale la pena detentiva potrà essere sostituita dal giudice.

La novità vera della legge delega sta nell’abolizione delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata e al loro posto si introducono: a) la detenzione domiciliare e la semilibertà (la cui disciplina è mutuata dalle omonime misure alternative alla detenzione).

Quali sono i problemi pratici che si potrebbero avere con l’ingresso di tale disciplina sanzionatoria?

Certamente la mancanza dell’adozione della pena sostitutiva e dell’affidamento al servizio sociale potrà creare problemi per il condannato per l’espiazione alla pena detentiva qualora queste misure non vengano sostituite con la detenzione domiciliare o con la semilibertà.

Il condannato per evitare problemi di sorta dovrà sempre effettuare la richiesta al Giudice di sorveglianza, da “libero sospeso” secondo quanto previsto art. 656, comma 5, cpp, della misura alternativa dell’affidamento in prova “allargato” ex articolo 47, comma 3-bis, legge 354/1975, o.p.

Per quanto riguarda le sanzioni sostitutive queste sono state estese per le condanne fino a 4 anni ed in questo senso la riforma mira a modificare la pena pecuniaria ed a potenziare il lavoro di pubblica utilità, secondo le modalità previste dal decreto legislativo 274/2000.

Degno di nota sono anche alcune novità a proposito del patteggiamento e degli effetti del decreto penale di condanna, i quali possono avere importanti effetti di espiazione della pena per il condannato, così come accade negli USA, sempre se quest’ultimo si impegni ad effettuare lavoro di pubblica utilità e risarcisca il danno, eliminando le conseguenze del reato.

Novità anche per quanto riguarda gli effetti sulla confisca, questa può essere revocata (purché non si tratti di confisca obbligatoria), se il condannato elimina gli effetti del reato e risarcisca il danno.

Circostanza questa già apprezzata nell’ambito dei reati tributari, attraverso il pagamento del tributo evaso e l’eliminazione degli effetti del danno erariale, con l’effetto di far beneficiare il condannato della sospensione condizionale della pena ex art. 163 cp.

Secondo alcuni interpreti sicuramente la discrezionalità del giudice dell’esecuzione assumerà un ruolo decisivo nella scelta delle sanzioni, con l’effetto che al condannato potrebbe essere imposta l’esecuzione della semilibertà o della detenzione domiciliare in relazione a condanne per le quali, in base agli art. 656, comma 5, e 678, cpp, avrebbe potuto ottenere ben più ampie misure quali;

  1. l’affidamento al servizio sociale (articolo 47, commi 3 e 3-bis, ordinamento penitenziario);
  2. l’affidamento terapeutico (articolo 94, Dpr 309/1990);
  3. la sospensione della pena (articolo 90, Dpr 309/1990).

Da ricordare alcuni aspetti salienti della legge delega relativi alle nuove pene sostitutive della detenzione tanto che:

  • le pene detentive entro i 3 e 4 anni potranno essere sostituite con la semilibertà o la detenzione domiciliare sempre se il condannato non si opponga – con il lavoro di pubblica utilità di durata pari alla pena sostituita;
  • Per le pene detentive la cui condanna è circoscritta ai dodici mesi, queste potranno essere sostituite con la semilibertà, la detenzione domiciliare, il lavoro di pubblica utilità o con la pena pecuniaria (multa o ammenda).

Stesso tipo di applicazione si avrà anche per gli effetti punitivi prescritti con il decreto penale di condanna, il quale qualora prevederà una pena detentiva, questa potrà essere sostituita con la pena pecuniaria e se il condannato non si oppone, con il lavoro di pubblica utilità di durata pari alla pena sostituita.

Attenzione quindi al nuovo regime sanzionatorio.

Il giudicato esterno nel processo tributario

dell’avv. Mario Paolo D’Arezzo

Giurisprudenza e dottrina hanno lungamente dibattuto se l’accertamento su un determinato periodo d’imposta contenuto in una sentenza passata in giudicato possa estendersi, con l’efficacia dell’art. 2909 c.c., anche al di fuori del giudizio che ha dato luogo alla sentenza passata in giudicato.

Infatti “l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti”anche ad altri periodi (c.d. efficacia esterna del giudicato)  

Nel processo tributario l’autonomia dei periodi d’imposta non impedisce l’operatività del giudicato formatosi in altra controversia pendente tra le stesse parti con riferimento ad altra annualità (giudicato esterno).

Occorre però che la pronuncia passata in giudicato riguardi il medesimo tributo ed abbia accertato questioni di fatto che costituiscono il presupposto anche dell’altra controversia.

Questo è stato affermato dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio con la sentenza n. 3945/5/2021 (presidente Fruscella, relatore Di Giulio), la quale riprende nella sostanza quanto già statuito dalla Suprema Corte nella sentenza Sezioni Unite, che intervenendo ad appianare i contrasti– con la sent. n. 13916 del 16 giugno 2006 – hanno confermato il valore extra litem (ossia l’efficacia vincolante ultrannuale) della soluzione di questioni di fatto o di diritto.

Per le Sezioni Unite, inoltre, l’efficacia ultrannuale del giudicato sarebbe rilevabile d’ufficio, ed anche per la prima volta nel giudizio di Cassazione, purché la parte che la invoca produca copia autentica della sentenza recante l’attestazione del passaggio in giudicato.

Tale principio, secondo la citata sentenza, opera, a determinate condizioni, anche nel processo tributario e in relazione ad altro anno d’imposta (Cass. n. 9512/2009; Cass. n. 13087/2008; Cass. n. 8214/2008; Cass. n. 11226/2007; Cass. n. 24067/2006; Cass. n. 22036/2006).

La tassazione del contratto preliminare di cessione quote di srl

dell’avv. Mario Paolo D’Arezzo

La tassazione del contratto preliminare di cessione di quote è assoggettato a misura fissa sull’acconto prezzo versato, segnaliamo la motivazione della sentenza n. 17904 del 23 giugno 2021 che riteniamo rilevante soprattutto per gli effetti fiscali della tassazione dei contratti preliminari di cessione di quote di srl.

Secondo i giudici legittimità nel contratto preliminare di vendita le parti si obbligano a stipulare reciprocamente un successivo contratto definitivo, prevedendo il pagamento di una somma di denaro quale acconto del prezzo da versare alla stipula del preliminare.

Da un punto di vista fiscale, pertanto, il negozio preliminare- definitivo deve essere apprezzato come un’unica manifestazione di capacità contributiva, trattandosi di un’unica operazione economica nell’ambito del sistema dell’imposta di registro.

Hanno, infatti, specificato che la vicenda contrattuale di vendita seppur suddivisa in due momenti, esprime l’unicità dell’affare, in cui si avvicendano fattispecie contrattuali diverse (preliminare — definitivo), ma finalizzate al perseguimento di un unico risultato finale, nella specie la cessione di partecipazioni societarie.

Pertanto la valutazione dell’unicità della operazione negoziale investe il profilo della tassazione dell’imposta di registro, sicchè ” Non vi è ragione .. per escludere dal novero degli atti di negoziazione di quote di partecipazione di società il preliminare di compravendita (cessione) delle quote sociali, considerato da un canto, che la generale categoria atti di negoziazione è idonea dal punto di vista semantico a comprendere anche il contratto preliminare, e dall’altro, che non risulta congruo che il preliminare che prevede il versamento di acconto sul prezzo sia soggetto all’imposta in misura percentuale quando il definitivo sarà soggetto a imposta in misura fissa”

Secondo i giudici di legittimità, la vicenda negoziale preliminare – definitivo deve essere apprezzata come un’unica manifestazione di capacità contributiva» con l’effetto che il definitivo atto di cessione di quote sociali è soggetto ad imposizione in misura fissa (se redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata, ex articolo 11, Tariffa, Parte Prima, allegata al Tur), tanto che non vi è ragione di sottoporre a maggiore tassazione il contratto preliminare che ha un carattere strumentale rispetto al contratto definitivo per il quale il legislatore ha previsto un regime agevolativo.